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Silvia era appoggiata alla balaustra del Bastione, da cui si godeva una vista spettacolare di tutta la città, in quasi ogni direzione: il colle di San Michele, il centro città, il parco di Monte Urpinu, la spiaggia del Poetto con la sua sella del Diavolo, fino alle coste orientali di Pula e Chia.
La ragazza aveva approfittato della serata calcetto di Marco, uno dei suoi hobby principali insieme ai manga e allo yoga, per starsene un po’ da sola a riflettere sulla sua vita.
Non che le mancassero le cose da fare, visto che aveva anch’essa numerosi interessi, a cominciare dai libri di crescita personale, ma aveva sentito proprio il bisogno di staccare da casa, dalla routine e pure dal suo Marco.
Che comunque avrebbe visto di lì a poco, visto che la sera avevano a cena Simone e Michela, i loro migliori amici. Almeno, a livello di coppia; sul primo gradino del podio in solitaria, invece, per Silvia c’era Stefania e per Marco c'era Riccardo.
Cose su cui riflettere: il lavoro che ancora non si trovava, i soldi che erano pochi, e alcuni episodi strani che stavano accadendo sia a lei che al compagno.
Punto primo: il lavoro.
Ormai si era a metà novembre, e lei aveva tappezzato di curriculum tutti gli istituti privati che aveva trovato sia in città che fuori, persino in altre regioni, e finanche le scuole online, ma niente.
Aveva tenuto d’occhio l’uscita di eventuali concorsi, ma niente.
Aveva fatto domanda anche per lavori che non c’entravano nulla con l’insegnamento, ma la carenza di altre esperienze lavorative non aveva certo deposto a suo favore, e quindi anche qui niente.
Conseguenza di ciò era il punto secondo: i soldi non erano molti, e il viaggio in Perù, oramai prossimo, avrebbe del tutto prosciugato il loro già asfittico conto in banca.
Appendice del punto secondo era il senso di colpa per il fatto di far gravare casa e spese solo sulle spalle di Marco. Che a dire il vero non si era mai lamentato, e anzi l’aveva sempre incoraggiata a cercare un lavoro in linea con le sue passioni, sapendo bene che al contrario ci si autocondanna a una vita, o fosse solo a un paio d’anni, di frustrazione e tristezza.
Per fortuna a distrarla c’era il punto terzo, ossia le cose strane che stavano succedendo a entrambi.
Prima, quelle visioni nella grotta.
Dopo, il sogno di Marco in cui aveva sentito delle voci e una strana sensazione.
Poi, il suo sogno in cui aveva visto una figura di luce davanti a sé che le sfiorava la fronte.
E, infine, quella sera della scorsa settimana, quando entrambi, mentre stavano chiacchierando in salotto, avevano sentito all’improvviso e senza motivo un calore alla pelle e una forte fragranza di fiori.
Lillà?
Si erano guardati negli occhi, e senza parlare si erano posti la stessa domanda: stiamo diventando pazzi o cosa?
Ovviamente preferivano il “cosa”, anche se, pure per due grandi appassionati di spiritualità ed esoterismo, si trattava di un salto nel buio difficile da gestire.
E Silvia non aveva ancora avuto il coraggio di confidare a Marco l’ultimo episodio, un altro suo sogno: aveva sognato che uno dei loro gatti, Mandarancio, si era levato in piedi per tutti i suoi quarantacinque centimetri di altezza e le aveva detto: “Anche se ti offriranno grandi cifre, non pensare neanche per un momento di venderci”. Dopo di che, era ridisceso sulle canoniche quattro zampe ed era tornato normale.
Ossia affamato di crocchette… ma ormai lei era rimasta mezzo scioccata, sia nel sogno che nella realtà.
Perché qualcuno avrebbe dovuto offrirle cifre folli per il suo amato “gatto grasso”?
Che senso aveva fare un sogno del genere??
Ma oramai il cielo stava imbrunendo: i tramonti alle otto e mezza di pochi mesi prima erano soltanto un pallido ricordo, e a quell’ora, specialmente in un luogo così areato, c’erano adesso vento e freddo.
La ragazza salutò il cielo di Cagliari e si diresse alla sua macchina, destinazione casa.