Cerca nel romanzo



















Dopo la terza riunione del Gruppo di Torino, il ventiduesimo servizio televisivo di Sara Bianchi, i trentatré articoli comparsi su vari quotidiani nazionali e il numero ormai indefinito di video che girava su internet, di trasmissioni televisive o di privati, le grandi televisioni non poterono ignorare il fenomeno.
Che peraltro ormai nell’informazione libera, ossia in rete, aveva proporzioni vastissime: non passava più un giorno senza che Marco e Silvia non trovassero postato da qualche loro amico di facebook un link a qualche servizio o video sulla telepatia.
Mancava dunque solo un passo dai servizi di Tele Salento a quelli di Rai 1, e il passo ci fu il 12 maggio 2013: un servizio di approfondimento successivo a un telegiornale riassunse gli accadimenti degli ultimi quattro mesi, preannunciando al contempo un’intera trasmissione dedicata alla questione, con tanto di “sostenitori” e di “scettici”, sia tra gli ospiti sia tra il pubblico, che sarebbe andata in onda di lì a brevissimo.
Inutile dire che la visibilità offerta da “mamma Rai” potenziò ulteriormente il battage sul fenomeno telepatia, fomentato sempre di più anche da giornali e tv minori, e facebook esplose letteralmente.
Come da programma, vi fu la ferma presa di posizione di molti scienziati, nonché di "garanti della scientificità": il Pipac, in particolare, si premurò di ridicolizzare persone e teorie intorno al Gruppo di Torino, rifiutando al contempo qualunque confronto in nome della vera scienza.
Sulle prime Carapino e Misternico erano dell’avviso di ignorarlo a loro volta, e Marco ancor di più, tuttavia vi era una grande pressione sociale, in particolare su facebook, a favore di un faccia a faccia rivelatore: “mettiamolo in chiaro una volta per tutte” sembrava essere il motto di coloro che caldeggiavano tale “confronto finale”, sostenitori o meno che fossero del Gruppo di Torino.
La trasmissione della Rai fu dunque approntata, e in teoria super partes, con esperti e pubblico di un colore ed esperti e pubblico del colore opposto, manco fosse un derby. Anche se, a dirla tutta, parlare di neutralità era forse esagerato, dal momento che a condure la trasmissione in questione era stato messo Pietro D’Angelo, noto scettico nonché membro fondatore del Pipac, acronimo che stava per “Professional Investigation and Paranormal Activities Control”. A girargli intorno, ovviamente, tutti i suoi amici dis-informatori.
Insomma, dapprima il Pipac aveva fatto di tutto per evitare il confronto, come peraltro sua abitudine, ma dietro la pressione di così tanto pubblico, nonché evidentemente di qualche influente membro direttivo della Rai o di qualche politico, chissà? aveva accettato a malavoglia il confronto… ma giocando in casa.
In casa, ma non a porte chiuse: Carapino e Misternico, i referenti del solidissimo Gruppo di Torino, avevano imposto la diretta tv: in caso contrario, nessuno del gruppo avrebbe partecipato alla trasmissione e la Rai sarebbe rimasta fuori dai giochi. Detto, fatto, condizione accettata e trasmissione allestita, con gli ascolti televisivi che si annunciavano altissimi.
La stessa Silvia, per principio contraria alla televisione a suo avviso strumento di disinformazione più che di informazione per l’occasione aveva fatto un’eccezione alla sua regola di vita, andando a casa di Simone e Michela insieme a Stefania e a una ristretta cerchia di amici comuni, manco fosse la finale della Coppa del Mondo.
Marco non c’era, in quanto presente in trasmissione tra il pubblico dei “believers”, che era stato contrapposto anche visivamente a quello degli “skeptical”, proprio come fosse una partita di calcio.
E l’atmosfera non fu molto dissimile, nonostante gli inviti ufficiali del conduttore alla calma e alla serenità di confronto.
Confronto che fu scontro fin quando si trattò di esporre argomentazioni concettuali, che, come sempre accade in casi di “muro contro muro”, avevano lasciato ognuno sulle proprie posizioni di partenza.
La trasmissione ebbe tuttavia un cambio di passo nel momento in cui, dopo le argomentazioni contrarie degli scettici, fu il turno dei “torinesi”. Carapino e Misternico, molto diligentemente, si erano preparati dei test dimostrativi che non avrebbero lasciato dubbi finanche ai paraocchi più grandi.
In effetti, il triumvirato di telepati e tutto l’entourage era rimasto sorpreso dal tempo e dalla disponibilità loro concessi: tutto sembrava lasciar intendere che gli scettici, conduttori della trasmissione in primis, davvero credessero impossibile il fenomeno, e che quindi, ritenendoli dei truffatori megalomani, concedessero loro lo spazio televisivo utile a fare una figuraccia colossale e ad archiviare la pratica del Gruppo di Torino una volta per tutte.
Cosa cui andarono effettivamente vicini: Carapino e Misternico, che oltre ad essere i due team leader del gruppo ne erano anche tra gli esponenti più dotati stando ai risultati del gruppo-scuola ristretto, non riuscirono ad espletare esercizi di lettura che in qualunque altro momento avevano invece saputo completare senza problemi.
Nel momento in cui vide i suoi referenti balbettare e inciampare, Marco, che guardava il tutto tra l’ammutolito pubblico dei believers, ebbe il sospetto che la strana sensazione alla testa, una sorta di pesantezza condita da un sibilo di fondo insistente e fastidioso, non fosse una cosa solo sua, e soprattutto che non fosse un mero caso.
Forse aveva letto troppi autori come Icke, Estulin e Zagami, ma la lampadina del complotto orchestrato ad arte gli si accese nella testa.
Non si spiegava altrimenti la contemporanea tripletta della sensazione di ottundimento alla testa, la figura imbarazzante che stavano facendo i suoi due amici e le risate a stento trattenute dagli scettici. Di scherno quelle dei tifosi e di… vittoria quelle degli esperti, Pietro D’Angelo compreso.
Quando tutto sembrava ormai volgere al peggio, e con i test che erano falliti in modo piuttosto misero, Carapino e Misternico dimostrarono una lucidità encomiabile, considerando il momento barbino di cui erano appena stati protagonisti vittime? e, dopo un consulto a due al di fuori dei microfoni, e con la trasmissione che viveva un momento di diretta televisiva decisamente fuori dai canoni, si avvicinarono a Marco, dentro il quale nel frattempo era montata una certa rabbia, e gli chiesero se lui, in assoluto il migliore del gruppo-scuola, se la sentisse di mettersi alla prova. Pur se in un contesto che anche i due avevano sospettato essere innaturale, forse per la presenza di qualche onda elettromagnetica in grado di irretire le loro abilità, forse perché i volontari scettici erano addestrati in qualche modo a murare i poteri psichici, o per chissà cos’altro.
Ad ogni modo, dal breve dialogo del terzetto era emerso che, mentre Misternico e Carapino si sentivano una vera e propria bolla pesante intorno alla testa, Marco soffriva solo di un lieve fastidio, per cui si decise di provare con lui.
Il selezionatore, che per conto suo voleva evitare di essere additato pubblicamente come telepate, non ce la faceva proprio a veder vincere disinformazione e falsità, per cui prese coraggio e rabbia e si avviò al centro delle telecamere, accompagnato dagli altri due a mo’ di scudieri.
A Pietro D’Angelo, che a giudicare dal sorriso sornione e compiaciuto sapeva perfettamente cosa stava succedendo, i due spiegarono di essere indisposti forse per via di qualcosa che avevano mangiato e che in loro vece avrebbe proceduto alle dimostrazioni Marco.
L’aggraziato sorriso del conduttore si trasformò col passare del tempo in una smorfia di fastidio una volta che Marco procedette indefesso a portare a termine una dimostrazione dopo l’altra. Prima indovinò gli oggetti che i volontari nascondevano nelle loro mani o dietro a paraventi. Poi descrisse con precisione l’aspetto e gli oggetti contenuti in altre aree dello studio, tra camerini, sale di montaggio, sale trucco, magazzini, etc, e questo mentre la solerte camera mobile di Sara Bianchi altra condizione che i torinesi avevano imposto per partecipare alla trasmissione mostrava senza ombra di dubbio la precisione di quanto detto.
Dopo prese a descrivere con grande precisione i luoghi dove vivevano i volontari: quartieri e vie di città a lui sconosciute, ma ben note a parte del pubblico, con tanto di negozietti, piazzette e segni identificativi del posto. Infine, prese a diffondere fatti della vita privata delle persone che aveva di fronte, senza porsi tante remore dato chi si trovava davanti, e ovviamente senza menzionare il fatto che si trattava di persone schierate e mentalmente addestrate. I particolari non avrebbero provato nulla al grande pubblico, ma il passaparola, l’arma più efficace che ci sia, avrebbe fatto il suo corso nelle varie città e regioni d’Italia… senza contare che oramai Marco aveva dato ampia prova delle sue doti, e che a quel punto lo spettatore medio avrebbe preso per buona qualunque notizia, compreso il fatto che il “tester” avesse sette dita in ciascun piede.
Una volta terminati i test con pieno successo, in mezzo agli applausi estasiati di metà del pubblico presente in sala, e con gli ascolti televisivi che ribollivano di eccitazione, Marco, ora soddisfatto, si permise il lusso di sondare la mente di Pietro D’Angelo per sapere se i loro sospetti erano realtà: sì, era dei “loro”, e sì, entrambe le loro ipotesi erano corrette: c’erano delle onde particolari nello studio che ostacolavano certi stati cerebrali e i volontari erano persone addestrate a murare la loro mente. Inoltre, Marco scoprì che nel succo di frutta all’arancia che prima era stato loro offerto era stata disciolta una sostanza che andava a squilibrare l’ipofisi e a bloccare i poteri mentali.
Avevano a che fare con persone più qualificate di quanto pensassero, a quanto pareva, e anche piuttosto malintenzionate. Si chiese fin dove sarebbero arrivate, e, mentre gli applausi ancora lo sommergevano, contrapposti al silenzio degli sconfitti, non poté impedirsi di provare un poco di paura per come sarebbe andata la sua vita da quel momento in avanti.
La trasmissione si concluse poco dopo, dato che la scaletta era ormai saltata, come i piani dei “padroni di casa”.
Marco si godette un’altra mezz’ora di applausi a scena aperta, cui seguì una mezz’ora di congratulazioni dei suoi colleghi e soprattutto la telefonata di Silvia, che tuttavia non riuscì a dirgli nulla e che non seppe fare altro che piangere per dieci minuti di fila.
Pianse anche Marco, e l’unica cosa che i due si dissero prima di chiudere fu un breve e affettuoso ciao.